Le radici in Italia

Le radici in Italia

Tratto da: Paolo Spanu e Franco Scaramuccia, I battisti, Claudiana, Torino

I primi missionari

I primi missionari battisti, che furono inglesi, arrivarono in Italia nel 1863 e dopo la breccia di porta Pia nel 1870 arrivarono a Roma anche gli americani della Southern Baptist Convention. Essi furono da subito assistiti da “evangelisti” (così furono chiamati quelli che oggi chiameremmo “pastori”) italiani, spesso provenienti (con molte comunità) dalle Chiese Libere italiane, che erano nate in maniera spontanea principalmente ad opera di esuli per ragioni politiche, poi rientrati in patria, che volevano esprimere così nella fedeltà all’Evangelo il loro desiderio di emancipazione. Si ebbe così il felice innesto delle idee battiste in un contesto tipicamente italiano. Ciò conferisce al Battismo del nostro paese caratteristiche uniche, nel senso che il modo battista di esprimere la fede si fuse con le idealità del Risorgimento, nel cui ambito e nel cui clima erano nate appunto le Chiese libere in Italia. Che cosa ha spinto quei Liberi ad entrare nelle Chiese battiste? Senz’altro la tensione verso la libertà, che é concezione fondamentale e vitale fra i Battisti; il battesimo dei credenti poi, che esprime in maniera visibile l’ingresso nel popolo di Dio, fu certamente visto come particolarmente significativo per esprimere il passaggio da un modo di vivere la fede, che essi rifiutavano o con cui non consentivano, ad una nuova concezione dell’essere Chiesa.

Difficoltà e persecuzioni

I primi predicatori italiani e stranieri incontrarono molte difficoltà a causa principalmente del clero e delle autorità, da esso fomentate ma coloro che entravano a far parte delle Chiese battiste ne ebbero forse di più. Non solo essi venivano trattati come eretici indemoniati e traditori della fede dei padri ma venivano anche perseguitati con ogni sorta di vessazione: non trovavano lavoro e, se lo avevano, lo perdevano; sposarsi diventava una guerra, se il coniuge non era evangelico; gli amici si dileguavano come nebbia al sole; alcuni furono fisicamente picchiati e rischiarono la vita; per non parlare dei funerali, che si risolvevano spesso in autentiche lotte dei parenti cattolici per sottrarre il cadavere al pastore evangelico.

Istruzione ed evangelizzazione

Un’importante caratteristica della prima evangelizzazione dei Battisti, come pure degli altri evangelici italiani, fu l’istituzione di scuole. Così l’americano van Meter si occupò dell'organizzazione e del mantenimento di asili per l'infanzia con refezione scolastica a Roma, a Modena e a Frascati. A La Spezia l’inglese Clarke iniziò il suo lavoro aprendo subito una scuola contemporaneamente alla Chiesa fino ad arrivare ad avere nel ‘900 un istituto scolastico e due orfanotrofi (femminile e maschile). Non é un caso che queste varie opere di istruzione furono letteralmente spazzate via dal fascismo: un segno indubbio del loro carattere laico e progressista. Anche l’inglese James Wall, aiutato validamente da sua moglie, organizzò a Roma una scuola e una mensa annessa. Come per le altre Chiese evangeliche italiane del tempo, l'evangelizzazione non fu mai separata da un'intensa attività educativa.

Si mettono radici profonde

Le tre missioni battiste operanti in Italia (due inglesi ed una americana) si svilupparono lentamente ma ponendo basi sicure. L’inglese Spezia Mission, dopo un iniziale sviluppo nella città di La Spezia (furono aperti locali a Marola, Arcola e Lerici) si estese a Pistoia e infine a Treviso e Pordenone: negli ultimi anni del secolo, Clarke fu prima affiancato e poi sostituito alla guida della missione da Arrigo Erberto Pullen. Le altre due missioni, quella della Southern Baptist Convention (dove nel 1873 Cote era stato sostituito da George Boardman Taylor, che riorganizzò il lavoro e gli diede un particolare impulso negli anni a venire) e quella inglese della Baptist Missionary Society (dove Wall sarà affiancato da W. Kemme Landels), ebbero uno sviluppo a più ampio raggio, consentito certamente anche dagli aiuti, che venivano dalle Chiese battiste inglesi e americane. Da Roma a Bari, a Barletta, a Torre Pellice, a Milano, a Lodi, dove furono ben presto aperte sale di culto, l’opera si estese in tutta Italia. A Napoli l’evangelizzazione battista era stata iniziata in maniera indipendente dal conte O. N. Papengouth, che si collegò successivamente agli altri. Nacque la prima rivista dei Battisti italiani nel 1876, Il Seminatore: oltre ad ospitare articoli di edificazione e di controversia dottrinale, ogni numero portava le notizie dei progressi delle Chiese battiste in Italia. Il Seminatore cessò poi la pubblicazione (tornerà in anni successivi come organo di evangelizzazione) nel 1882; esso sarà sostituito da Il Testimonio, nato nel 1884 come organo ufficiale dell’Unione Cristiana Apostolica Battista, che da quell’anno raggruppò tutte le organizzazioni battiste in Italia.

Il nuovo secolo

Dopo la tempesta della prima guerra Mondiale, mentre la Spezia Mission continuò la sua attività per conto suo, la Baptist Missionary Society si ritirò dall’Italia nel 1922 cedendo il campo all’organizzazione americana. Cominciò per il Battismo italiano un periodo di consolidamento e crescita, anche se cominciarono nuove difficoltà. Infatti il Battismo dovette fare i conti con la "marcia su Roma", con l’avvento del fascismo, con la stipula del Concordato con la Chiesa cattolica, con l’emanazione delle leggi sui "culti ammessi". In questo momento, sempre di più, essere Battisti e protestanti, significava essere nemici; nemici della religione di Stato, nemici del partito al potere, pericolose "quinte colonne" al servizio di missioni straniere, che, secondo il fascismo, non facevano l’interesse del nostro popolo. La persecuzione clericale mai placatasi, specie nelle campagne diventò in questo periodo persecuzione poliziesca sempre più sistematica. Forse solo l'esiguità del numero mise i Battisti al riparo di un'azione consistente e generalizzata. L'evangelizzazione divenne sempre più difficile e la vita di molti gruppi fu fortemente condizionata dalle attività di polizia.

La seconda guerra mondiale

Lo scoppio della seconda guerra mondiale e la tragedia che ne seguì procurarono alle Chiese battiste seri problemi. I culti furono continuati come fu possibile ma i pastori sbandati e senza sostentamento furono costretti a gravissimi sacrifici. Le attività delle Chiese furono quasi spazzate via ma la cosa più negativa fu che si accentuò in questi anni l'isolamento e una certa pietà introversa sia nelle comunità, sia nei singoli. Le cose peggiorarono ancora nel periodo in cui l’Italia era tagliata in due dalle operazioni belliche. Furono tempi amarissimi, specie per i pastori che non avevano la possibilità di procurarsi un'integrazione di stipendio. Fu interessante anche il rapporto dei Battisti con la Resistenza antifascista. Qualche pastore fu imprigionato, perseguitato, picchiato; alcuni pastori furono inviati al confino; parecchi battisti furono partigiani e diversi morirono per questo; alcune donne battiste operarono come staffette o al sostentamento di squadre partigiane. In linea generale, va riscontrato che le Chiese battiste uscirono dall’epoca fascista e dalla guerra assai ridimensionate e talora malconce, ma non furono distrutte o spazzate via. La forte fede, forse un po' intimistica ma certamente cristallina e resistente, dei membri delle Chiese aveva tenuto. La testimonianza di coraggio di molti pastori non aveva fatto mancare i punti di riferimento e la sparizione dei missionari (che, a motivo della guerra, o erano rimpatriati o erano stati internati) non aveva affatto provocato alcun crollo di struttura e d’impegno: la grande prova non era dunque passata invano. Sicuramente le Chiese battiste che uscirono da questa esperienza erano diverse da quelle dell’anteguerra e quindi si preparava una svolta importante.

Il dopoguerra

Nel secondo dopoguerra ci fu uno sviluppo costante: intanto il numero dei membri raddoppiò in poco tempo, fino a raggiungere quello attuale. Nel 1956 nacque l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia con statuto autonomo dalla missione americana e con responsabilità proprie. E subito dopo fu fatto un altro passo decisivo verso la sistemazione giuridica del movimento battista nell’ordinamento italiano: accanto all’Unione venne istituito l’Ente Patrimoniale dell’U.C.E.B.I. Mentre l’Unione rappresentava la confessione, nel senso in cui se ne parla nell’art. 8 della Costituzione e che quindi come tale non aveva bisogno di un riconoscimento governativo, veniva costituito un ente avente personalità giuridica, in grado dunque di essere intestatario della proprietà dei beni. Fino ad allora a questo scopo si era ricorsi alla creazione di società a responsabilità limitata (che tali non avrebbero potuto essere perché non avevano in realtà fini di lucro, secondo quanto é previsto dalla legge), come la Spes S.r.l. e la Philadelphia S.r.l., o addirittura si erano intestati i beni, anche quelli acquistati con denaro italiano, alla missione americana, che aveva il riconoscimento in base all’art. 16 delle disposizioni sulla legge in generale. L’Ente Patrimoniale fu riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica in data 20 gennaio 1961. Nel 1966, infine, le Chiese, che dipendevano dalla Spezia Mission decisero di confluire nell’Unione, per cui da allora opera in Italia un’unica organizzazione che raggruppa tutti i Battisti italiani.

Verso l'autonomia

A partire dagli anni ’80 la spinta verso l’autonomia divenne sempre più forte: fu rivisto il patto costitutivo, fu elaborato un nuovo regolamento, più articolato e completo, fu dotata l’Unione di una sua confessione di fede. Fu aggiornato lo statuto dell’Ente Patrimoniale, le cui modifiche furono approvate con decreto del Presidente della Repubblica del 20 gennaio 1990. Il 1990 fu anche l’anno in cui ebbe luogo per la prima volta l’incontro fra le Chiese battiste, metodiste e valdesi: infatti fu tenuta a Roma dal 2 al 4 novembre una sessione straordinaria congiunta dell’Assemblea Generale dell’Unione e del Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste. In quella occasione le Chiese battiste, metodiste e valdesi formalmente si riconobbero “reciprocamente quali Chiese di Gesù Cristo sulla base di una comune comprensione dell’Evangelo, una comune vocazione di testimonianza e di servizio nel nostro paese e una comune condivisione delle posizioni di fede”. Fu approvato in quella occasione il “Documento sul reciproco riconoscimento fra Chiese battiste, metodiste e valdesi in Italia”, in cui si prende atto delle differenze riguardo alla prassi battesimale ma si riconosce nel contempo che ciò non costituisce ostacolo alla loro collaborazione. In particolare si afferma che “laddove, indipendentemente dalla forma e dal tempo in cui il battesimo é stato celebrato, si riscontra in chi l’ha ricevuto la realtà dei suoi frutti, per cui grazie all’azione dello Spirito la sostanza del battesimo é presente in quella persona,” il credente, proveniente dalle altre due Chiese, é accolto nelle Chiese battiste, metodiste e valdesi come membro a pieno titolo. L’importanza di questo documento nell’ecumene cristiana é assai notevole per il fatto che riguarda confessioni battiste (cioè che battezzano i credenti) e pedobattiste (cioè che battezzano gli infanti) e grandi speranze ha fatto nascere nel campo della collaborazione fra le tre denominazioni evangeliche in Italia.

Camminiamo con le nostre gambe

Nel 1993, poi, dobbiamo registrare altri due grandi eventi per i Battisti italiani. Innanzi tutto, la missione battista americana, onorando il suo debito d’amore, contratto più di cento anni prima con le sorelle e i fratelli italiani quando venne in Italia a predicare l’Evangelo, donò in quell’anno all’Ente Patrimoniale tutte le sue proprietà in Italia: tali beni riguardavano sostanzialmente locali di culto e sussidiari, che ancora le erano intestati. Così il cammino dell’Unione verso l’indipendenza poteva dirsi concluso definitivamente. Fu anche stretto un rapporto di collaborazione con la Baptist Missionary Society, l’agenzia missionaria inglese che aveva appoggiato l’inizio del lavoro battista in Italia: essa si è impegnata ad aiutare l’opera italiana mediante l’invio di pastori inglesi da inserire nei ruoli dell’Unione. Il secondo fatto importante fu la firma dell’Intesa fra il presidente dell’Unione e il presidente del Consiglio dei Ministri, avvenuta in Roma il 20 marzo 1993. Il terzo comma dell’art. 8 della Costituzione trovò così adempimento anche per quanto riguarda i Battisti, che videro così riconosciute dalla Repubblica Italiana alcune loro peculiarità. L’Intesa fu poi approvata dal Parlamento con legge n. 116 del 12 aprile 1995.

NEV

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