Chi siamo

I BATTISTI 

 

 

Chi sono i battisti?

Martin Luther KingPer spiegarlo in modo semplice possiamo dire: “I cristiani della chiesa di Martin Luther King”. E allora immediatamente da chi ci ha fatto questa domanda  c’è un “Ah!” di risposta.

I diritti civili, le grandi battaglie nonviolente negli Stati Uniti degli anni ’60: tutte cose che  i giornali e le televisioni  hanno ricordato di recente, nel quarantennale della morte. I battisti sono cristiani protestanti, che praticano il battesimo dei credenti, per immersione, a chi fa professione di fede.

Ma come sempre, le risposte “semplici” rischiano di non essere esatte. Ad esempio, non è esatto  per i battisti parlare di “chiesa”, bensì di “chiese” – al plurale – poiché i battisti sono “congregazionalisti”.

Che parola difficile! Eppure  vuol dire soltanto che ogni chiesa locale anche piccola (ogni parrocchia, per usare un termine comprensibile dall’italiano medio) è autonoma. Leggi la confessione di fede dei battisti italiani.

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Cosa significa questa autonomia?

Significa che i credenti di quella comunità  – anche se è piccola -  riuniti in assemblea decidono su tutti gli aspetti della vita comunitaria: eleggono i loro pastori, “anziani” e diaconi, e prendono tutti insieme le varie decisioni.

Tutti gli incarichi nella chiesa sono elettivi e  “a tempo”, con durata variabile a seconda delle indicazioni del regolamento che la chiesa si dà autonomamente -  su principi comuni e condivisi del battismo, naturalmente- .

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Così il pastore viene eletto direttamente dai fedeli?

Sì,  e - per un giovane o una giovane appena laureat*  dalla Facoltà di teologia -  finito il “periodo di prova”di due anni,  può essere eletto per 5 anni e rieletto dalla stessa comunità per altre due volte, per  un massimo di 15 anni. Poi deve spostarsi, trovare un’altra chiesa che lo elegga: è una scelta reciproca. Ma può essere eletto pastore di una chiesa  anche una persona che svolge un suo lavoro o professione per vivere - che non è cioè pastore “professionista” a pieno tempo- ma che ha qualità spirituali e culturali riconosciute dalla  comunità, e svolge questo compito come “volontariato”: si tratta del “pastore in servizio locale”(art. 17).

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Ci sono quindi due categorie di pastori?

Diciamo così: ci sono due “albi” distinti: i  primi, sono coloro che fanno del pastorato  una scelta totale, e quindi sono laureati in teologia,  ricevono un sostegno economico e un alloggio per vivere, abitano nella casa pastorale; i “pastori in servizio locale ”, invece, mettono a disposizione della  comunità senza ricevere alcun compenso  parte del proprio tempo per curare quella determinata chiesa.

Ci sono poi i “predicatori locali”, che sono persone che s’impegnano  a  presiedere i culti e a predicare in sostituzione temporanea di un pastore dove non c’è un pastore disponibile, e che ovviamente hanno una preparazione  a questo servizio. Sia gli uomini che le donne possono essere pastori e predicatori.

Tanto i pastori a pieno tempo, quanto i pastori in servizio locale hanno gli stessi diritti e doveri nella cura della comunità sul piano del culto: amministrano i sacramenti presiedono la Cena del Signore e battezzano, predicano, assieme al Consiglio di Chiesa organizzano le attività della comunità, si occupano dei malati, dei poveri, degli afflitti, officiano i funerali,  visitano i carcerati, celebrano i matrimoni religiosi con valore civile.

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I matrimoni religiosi con valore civile? Ma non lo  possono fare solo i cattolici?

E' dal '29 che la facoltà di celebrare matrimoni con valore civile è estesa anche agli evangelici, ma con le Intese questa facoltà è stata ribadita di comune accordo. Non solo , perché ci sono degli accordi –  le Intese - tra Stato italiano e varie Chiese evangeliche (oltre che con gli Ebrei) che attuano l’art. 8 della Costituzione.  L’elenco di queste comunità con l’Intesa lo si trova ogni volta che il cittadino italiano fa la denuncia dei redditi, e decide a chi dare il suo 8%°: i battisti non compaiono ancora, perché  - dopo molti anni di discussioni -  solo dall’Assemblea generale del giugno  2008 hanno votato di accedere all’8%°, e le pratiche con lo Stato non sono ancora concluse.

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Un’Assemblea generale
? Ma allora non è che ogni comunità decide per conto suo?

Non è così semplice: sugli aspetti più importanti e complessivi, che riguardano tutti i credenti , infatti,  ogni due anni, c’è una grande Assemblea Generale, dove vengono inviati i delegati  ( che sono tutti i pastori, e le persone elette nelle varie comunità italiane, una ogni 25 membri di chiesa  ) , e che discutono, votano  e prendono le decisioni, sulla base di orientamenti già affrontati nelle singole comunità, o anche argomenti nuovi, che poi saranno riportati e discussi nelle comunità stesse. Le Chiese di Martin Luther King sono molto democratiche! Anche lui stesso, che era un pastore che voleva fare il professore di teologia, fu invece eletto a portare avanti la battaglia dei diritti civili…

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Ma perché i battisti italiani ci hanno messo così tanti anni ad accettare l’8%°?

Perché  sono “ separatisti”, cioè  hanno una  concezione di  separazione tra la Chiesa e lo Stato, ciascuno nel proprio ambito. I fedeli pagano di tasca loro il “trattamento economico”  e/o le spese dei pastori e quelle per il culto e la manutenzione delle chiese. Infatti l’8%° è stato infine accettato solo per opere di solidarietà sociale in Italia e all’estero e  per  attività culturali.

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Ma come può una piccola comunità mantenere il suo pastore e provvedere, ad esempio, ad aggiustare il tetto della chiesa?

Infatti, da sola non ce la farebbe, ma qui intervene un patto di solidarietà tra tutte le chiese battiste italiane, riunite in un organismo comune che si chiama UCEBI (Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia), che riunisce circa 120 chiese per un totale di 5.000  membri adulti effettivi (e una popolazione complessiva i circa 15.000 persone). A livello mondiale, invece, i battisti sono 52 milioni, con una popolazione complessiva di almeno 100 milioni.

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Chi sono i membri effettivi della comunità ?

Sono i credenti battezzati e/o provenienti da altre chiese evangeliche che si iscrivono in quella comunità, e accettano gli ordinamenti battisti.  La loro caratteristica, oltre l’organizzazione delle comunità che abbiamo detto, è, in primo luogo la professione di fede cristiana, che si esprime attraverso il battesimo del credente -  che avviene per immersione  -  e che viene fatto  in età già adulta, come atto di scelta consapevole di fede. Ovviamente, c’è una preparazione biblica  e teologica, affinché questa scelta sia fatta il più consapevolmente possibile, e un principio essenziale , che è quello del rispetto della libertà di coscienza.

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I battisti sono  uniti agli altri evangelici italiani?

Sì, in particolare ai valdesi e metodisti, con i quali dal 1990 si sono svolte quattro grandi Assemblee congiunte, le “ Assemblea-Sinodo”, che hanno votato il reciproco riconoscimento dei ministeri (per cui ad esempio un pastore valdese o metodista può essere eletto in una chiesa battista e viceversa) e che hanno affrontato di volta in volta i problemi comuni. Il “progetto BMV “(battisti-metodisti- valdesi) è una particolarità italiana e un primato. Insieme vengono gestiti alcuni importanti settori: la casa editrice Claudiana e il settimanale Riforma, mentre i giovani battisti, metodisti e valdesi frequentano  la Facoltà valdese di  Teologia, per la formazione dei nuovi pastori

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Ci sono altre organizzazioni degli evangelici italiani?

Sì, c’è la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), costituta da quarant’anni , che riunisce, oltre a battisti, metodisti e valdesi, anche i luterani, l’Esercito della Salvezza e altre comunità  ( come gli apostolici di Firenze e Prato, la chiesa elvetica di Trieste  e la comunità “Fiumi di vita “ di Napoli). La Federazione gestisce il “Culto radio”, la rubrica televisiva “Protestantesimo”, l’agenzia stampa “Nev”, il “Servizio rifugiati e migranti”, il “Servizio Istruzione ed Educazione” che cura materiale didattico per la catechesi dei bambini delle “scuole domenicali”, e gruppi di lavoro comune come quelli sulla “Liturgia” e  la “Commissione Globalizzazione e Ambiente”. Ha edito inoltre un “Innario cristiano” con la raccolta dei principali inni che si cantano nelle chiese protestanti durante il culto.

I giovani evangelici, poi, sono riuniti in una loro organizzazione comune, la “Federazione Giovani Evangelici Italiani” (Fgei), come anche le donne della “Federazione Donne Evangeliche  Italiane “ (Fdei), che promuovono incontri, pubblicazioni e dibattiti, anche se poi ogni Chiesa ha le proprie organizzazioni autonome. Le donne battiste sono unite nel Movimento Femminile Evangelico Battista (MFEB).

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E a livello internazionale, come sono organizzati i battisti?

I battisti italiani fanno parte della Federazione Battista Europea e, a livello mondiale, dell’ Alleanza Battista Mondiale . Tutti rispettano gli stessi principi:

-     il battesimo dei credenti, impartito per immersione a chi ha fatto professione di fede;

-     il congregazionalismo, cioè l’autonomia della chiesa locale;

-     la libertà di coscienza;

-     la separazione fra Chiesa e Stato.

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E a livello ecumenico, che rapporto c’è?

I battisti  fanno parte - in Europa -  con gli altri protestanti e gli ortodossi, della Conferenza delle Chiese Europee (KEK) e  - a livello mondiale - del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC).

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E i  cattolici fanno parte del Consiglio Ecumenico?

Fanno parte della  “Commissione Fede e Costituzione”, che è la commissione dei teologi che ha il compito di affrontare i principali nodi teologici che sono emersi nella storia millenaria delle Chiese cristiane  e che sono principalmente: il problema del “primato” (cioè il papato, su cui ci fu nel 1054 la rottura tra l’occidente cattolico e l’oriente  ortodosso), i sacramenti e i ministeri (oggetto della successiva rottura, stavolta nell’occidente europeo, che iniziò con la “protesta” di Lutero nel 1517).

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Quindi i battisti sono cristiani protestanti. Cosa vuol dire?

Vuol dire che, con i cattolici e gli ortodossi hanno in comune la Bibbia (Antico  e Nuovo Testamento), osservano i Dieci Comandamenti di Mosé,  recitano la preghiera che ci ha insegnato Gesù, cioè il Padre Nostro, e condividono il “Credo” – che contiene in sintesi i dogmi, cioè le verità di fede a cui è tenuto credere un cristiano. Negli ambiti ecumenici si recita il “Credo” più complesso, che è il cosiddetto “Simbolo Niceno-Costantinopolitano”, approvato nel Concilio di Nicea del 325 d.c. Le chiese cristiane recitano anche il “Credo Apostolico”, che è più semplice, di due  secoli prima.

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In che cosa altro si differenziano i protestanti dai cattolici?

I protestanti considerano solo una la fonte della Rivelazione di Dio : la Bibbia. E per questo prendono anche il nome di evangelici.

I cattolici invece oltre alla Bibbia considerano fonte di Verità anche la “tradizione”, cioè l’insieme delle dottrine enunciate  dai Concili e dai papi nel corso dei secoli.  Questa frattura avvenne  in occasione del Concilio di Trento (1545-1563) . Inoltre , pur con  varie differenziazioni interne,  i protestanti non hanno una gerarchia, e non hanno una autorità suprema,  se non quella delle loro organizzazioni elettive (assemblee o sinodi), sempre soggette a possibili revisioni e nella salvaguardia della libertà di coscienza dei singoli.

Infatti,secondo la Riforma , principio fondamentale è “Ecclesia sempre reformanda”: la Chiesa è sempre soggetta alla possibilità e al dovere di riformarsi.

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Ma allora i protestanti sono d’accordo su tutto?

No, perché, all’interno e dopo la Riforma ci furono nei secoli diverse correnti di pensiero teologico, che interpretarono in modi diversi la Scrittura. Tutto il mondo protestante, però, oltre alla unica fonte di verità che è la Bibbia, concorda sul fatto che i Sacramenti sono solo due (perché istituiti da Gesù stesso: il battesimo e la comunione, Cena del Signore in quanto Gesù stesso si fece battezzare prima di iniziare la sua predicazione ,e celebrò coi suoi discepoli la cena spezzando il pane e bevendo il vino nell’ “ultima cena”). Questi due sacramenti ( ma l'espressione non è usata da tutti i battisti) sono stati  variamente interpretati nel loro significato dai teologi nei vari secoli, ma l’elemento comune del protestantesimo è che sono “segni” momenti di ricordo e testimonianza  della grazia e della presenza del Signore.

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Ma come, e la confessione?

Anche i protestanti hanno la confessione, che avviene con preghiere e canti durante il culto, ma riguarda il rapporto diretto tra il credente e Dio, attraverso la propria coscienza. Non c’è un sacerdote che può ascoltare  e assolvere.

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Ma il pastore non è sacerdote? Non confessa?

Nessuno è sacerdote, ma tutti sono sacerdoti e il pastore non è quindi un sacerdote, né tantomeno “confessa”: ci si “confessa” solo con Dio, nella preghiera: col pastore si può andare a parlare se si hanno dei problemi, il pastore ascolta, consiglia, fa quello che si chiama “cura d’anime”, ma non ha il potere di assolvere o negare la grazia, che viene solo da Dio. L’unico Sacerdote, cioè l’unico che è “mediatore”, che cioè  “fa da ponte” tra  gli esseri umani e Dio è Gesù Cristo, che infatti, come recita il dogma è “Vero Dio e vero uomo”.

Infatti gli evangelici pregano Dio nel nome di Gesù: non ci sono i santi, non c’è la Madonna che possano assolvere a questo ruolo di intermediazione. Viene onorata Maria, madre di Gesù, come recita il “Credo” , onorati  i martiri e i testimoni che in ogni tempo hanno pagato-  spesso con la vita- la loro fede: Martin Luther King è uno di questi. Ma non li pregano . Pregano  solo Dio tramite Gesù Cristo.

Nelle chiese, evangeliche, quindi, non ci sono immagini sacre o icone , ma soltanto talora dei versetti biblici scritti sui muri. Sono chiese molto spoglie. E sono luoghi di riunione di cui aver cura e rispetto, ma non sono “sacri”. Sacro e santo è solo Dio. In questo siamo molto vicini agli ebrei e agli islamici.

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Se non è un sacerdote, chi è allora il pastore?

Già Lutero disse che ogni credente è sacerdote – il “sacerdozio universale dei credenti” , principio fondamentale della Riforma, a cui aderiscono tutte le chiese protestanti. Questo è il motivo teologico per cui nelle chiese battiste  ogni credente – donna o uomo che sia – può predicare e tenere il culto (ovviamente come si è detto, con una preparazione biblica e teologica).

Il pastore è un “laico”, le funzioni che assolve non lo pongono in uno status differente da tutti gli altri membri della comunità pur nella consacrazione della sua esistenza a Dio,  una persona che ha particolarmente studiato e approfondito , che ha risposto a una specifica “vocazione” , che dedica la sua vita ( tutta o in parte)  alla comunità e all’insegnamento della Scrittura, in questo senso simile al rabbino o all’imam. Il pastore si può sposare, avere famiglia e figli,in tutto come qualsiasi cittadino, con la differenza che il suo principale “lavoro” (mission diremmo noi ), è la chiesa predicare l'evangelo per la conversione delle persone e la realizzazione di una comunità che vive dell'insegnamento di Cristo.

Il pastore  battista non ha paramenti sacri, o vestiti particolari, anche mentre presiede il culto (mentre altre chiese riformate, come ad esempio i valdesi o i luterani hanno la toga nera del pastore per la predicazione – abito dei teologi all’epoca di Lutero), anche se per esempio all’estero molte chiese battiste, in particolar modo quelle dei neri, hanno bellissime tuniche multicolori, e così pure i componenti del  coro.

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E’ vero, si potevano ascoltare gospel e spirituals durante i filmati su Martin Luther King!

Certo, questa è la musica nata dalla fede evangelica  dei neri d’America, e tutt’oggi ha grande importanza nei culti battisti. Ma anche nei culti di tutte le chiese protestanti la musica e il canto ha molta importanza: Lutero stesso scrisse testi e inni, usando soprattutto i Salmi. La musica e gli inni cantati in assemblea hanno una importante funzione liturgica, perché rappresentano la preghiera corale della comunità.

Ma i singoli possono anche liberamente pregare ad alta voce, in vari momenti della funzione, perché la liturgia è molto libera, essenziale e flessibile, Culto o funzione, non “messa” , perché quest’ultima è incentrata sull’eucaristia, mentre il culto evangelico è incentrato sulla predicazione. Infatti, entrando in  ogni chiesa evangelica si trova davanti al pulpito una grande Bibbia aperta.

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I battisti allora, sono molto vicini alle chiese dell’America!

Dell’America e dell’Inghilterra, perché le chiese battiste italiane sono sorte alla fine del 1800 per la predicazione di alcuni missionari di questi due paesi. Questo è avvenuto in seguito all’unità d’Italia, perché solo allora è stato possibile per le chiese cristiane di minoranza, come i protestanti  - e per gli ebrei -  la piena cittadinanza e la possibilità di diffondere la propria fede .

Gli anni del fascismo  hanno visto, coi Patti Lateranensi del 1929, la religione cattolica ridiventare pienamente“religione di Stato” e la repressione  delle  minoranze religiose cristiane ( per non parlare degli ebrei, perseguitati con le “Leggi razziali” del 1938 e poi inviati nei lager nazisti).

Durante la Resistenza, moltissimi sono stati i partigiani evangelici,  (e negli anni’20 la più importante rivista teologica antifascista fu la battista “Conscientia” del filosofo Gangale) . E’ stato un evangelico italiano, il battista Giovanni  Melodia - internato come antifascista nel lager di Dachau -   colui che ha accolto  per primo i soldati  americani che lo liberavano, prodigandosi poi per salvare e curare i suoi compagni sopravvissuti. E il “simbolo” della Repubblica italiana – lo “stellone “ che si trova in tutti i documenti ufficiali – è opera del pittore Paolo Paschetto (di famiglia valdese poi diventata battista) , che nel dopoguerra vinse l’apposito concorso. Come è opera sua il “logo” dell’Ucebi. Che mostra due grandi ali che portano una Bibbia sull'Italia

Con la Costituzione repubblicana del 1948, che prevedeva all’art. 8 la possibilità di Intese con lo Stato Italiano, iniziò una lunga battaglia degli evangelici per smantellare le discriminazioni contenute nelle leggi fasciste, e per la firma delle prime Intese.  L’Intesa coi battisti fu firmata nel 1993.

Ancora moltissimo c’è da fare in Italia per ottenere la piena laicità dello Stato, che dev’essere “casa comune” di tutti i cittadini indipendentemente dalle fedi, dalla razza, dal sesso, come recita la nostra Costituzione. E molto c’è da fare sul piano dell’incontro ecumenico e del dialogo interreligioso, per una profonda comprensione reciproca.

Ma bisogna anche non stancarsi mai di farsi intendere dal cittadino medio italiano, perlopiù digiuno della conoscenza più elementare delle minoranze religiose e dei principi dell’ “altro cristianesimo”.

In questo l’immigrazione dall’Est europeo e dal Sud del mondo - in cui  gli evangelici sono molto numerosi - e la costituzione anche nel mondo battista  di chiese internazionali obbliga le nostre comunità e la realtà italiana tutta a confrontarsi con una inimmaginabile fecondità di pluralismo.

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