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Pubblicato il libro di William Carey

Importante documento della storia dei battisti


 ROMA, 6 luglio 2021 - La commissione storica dell’Unione evangelica battista d’Italia (Ucebi) offre ai lettori e alle lettrici l’opera di William Carey, La conversione dei non credenti (An enquiry into the obligations of christians to use means for the conversion of the heathens, 1792) curata dal pastore Martin Ibarra Pèrez e pubblicata per le edizioni GBU. L’opera proposta segna l’inizio delle missioni estere delle chiese battiste, «ogni battista è un missionario», e quindi l’inizio del tempo fecondo dell’espansione del movimento battista nel mondo (India, Caraibi, Pacifico, Africa, America Latina e Europa continentale dove in quell’epoca non vi era una sola chiesa battista). Il contributo di quest’opera è dunque fondamentale perché rappresenta una svolta decisiva per la denominazione battista: la svolta missionaria. Un secondo aspetto che la rende indispensabile oggi è la matrice dove questo testo è nato: un gruppo di pastori dei battisti particolari tra questi Andrew Fuller, John Sutclift e John Ryland tra altri, che contribuirono a modificare il rigido ipercalvinismo allora imperante tra i particolari per accogliere alcune delle istanze dei movimenti del risveglio tra i battisti inglesi.

La sua importanza come testo viene anche dalla sua condanna della pratica della schiavitù che Carey considerava “inumana e immorale”, la sua proposta di boicottare le società (commerciali) che praticavano lo sfruttamento della mano d’opera con l’impiego anche del lavoro minorile. Significativo fu il boicottaggio allo zucchero importato dalle colonie dove si utilizzava come mano d’opera gli schiavi afroamericani (p. 132). Per questo ai missionari fu vietato dalla Società delle Indie Occidentali Britanniche l’approdo nelle colonie britanniche del Nord dell’India perché come “dissidenti”, sospettavano di loro come predicatori pericolosi antischiavisti e sostenitori dell’uguaglianza tra gli esseri umani. Fu per questo che i missionari scelsero di andare nel territorio di Serampore, allora sotto la giurisdizione del monarca danese. Per conversione Carey non intendeva soltanto la cristianizzazione di popoli che ancora non avevano ricevuto il messaggio del Vangelo, ma anche emancipazione di quei popoli dall’oppressione coloniale esercitata dalle potenze dominanti di allora. Infatti, le società che sfruttavano le colonie erano contrarie all’arrivo dei missionari che predicavano il Vangelo della libertà, soprattutto se questi non erano inviati dalle chiese di Stato. La “missione del Carey in India” rispondeva, secondo Ibarra, a questi criteri moderni di considerare la totalità della persona e delle sue circostanze storiche, sociali, politiche ed economiche del luogo dove hanno operato. Carey e i suoi assistenti non si sono recati in India a salvare le anime dei pagani ma a integrarsi nella società complessa induista di Serampore, contribuendo alla crescita culturale, economica e umana dell’intera comunità. I missionari fondarono comunità eliminando il sistema delle caste. «Il battezzato, la battezzata, doveva rinunciare alla sua casta ed entrare in una comunità non solo religiosa, ma che ospitava e garantiva la sopravvivenza di chi, uscendo dal sistema delle caste, diventava praticamente un dalit, una persona senza casta e dunque senza posto né lavoro nella società indiana del tempo…». «La comunità di uguali condivideva i beni al modo evangelico del libro degli Atti e combatteva non la religione indù o musulmana né i loro praticanti, ma alcune delle pratiche più odiose del tempo…». In questo «Carey diventa un riformatore sociale non per scelta politica, ma per necessità di costruzione della comunità cristiana “ideale”» (p. 59). Di queste odiose pratiche da combattere ricordiamo il matrimonio forzato delle bambine con uomini anziani e la pratica del sati, ovvero l’immolazione delle vedove nella pira dove venivano bruciati i cadaveri dei mariti. Questo testo ci aiuta a capire cosa fossero i battisti nel ‘700 senza retoriche. La svolta missionaria del ‘700 fu la premessa dell’espansione del battismo come denominazione globale, non capiremmo noi stessi senza questa svolta segnata in modo esemplare da questo libro di William Carey, fondamentale come documento della storia dei battisti. Nel 1792, Carey insieme con Andrew Fuller fonda quella che oggi conosciamo come la Baptist Missionary Society (BMS) di cui Fuller fu il primo presidente. Il comitato della Società, radunato il 9 gennaio 1793, decise di inviare Carey e il medico John Thomas come missionari in India. I due giunsero in Bengala quasi un anno dopo, il 10 novembre del 1793. L’opera missionaria di Carey e dei suoi collaboratori si svolse interamente nel territorio di Serampore. Qui venne fondata una comunità cristiana evangelica e battista «che servì poi come modello per altre centinaia di chiese che ora riempiono intere regioni della zona nordorientale indiana» (p. 59).
Emanuele Casalino (coordinatore della Commissione storica-Ucebi)

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