Un sermone del past. Italo Benedetti su Matteo 18:15-20
Avverto sempre un certo disagio quando affronto questo testo. Forse perché l’ho sempre sentito usare nei conflitti. Si tratta forse del testo meno compreso della Bibbia. Sì, perché noi utilizziamo questo testo principalmente come un manuale di come si mette sotto accusa un membro di chiesa, però Gesù aveva in mente un’altra cosa, cioè come mantenere la concordia comunitaria. Bonhoeffer scrisse: “Dio ama l’essere umano, Dio ama il mondo: non un essere umano ideale, ma l’essere umano così com’è, non un mondo ideale, ma quello reale”. Siccome siamo persone reali, dobbiamo trovare un modo per stare insieme sapendo che anche i cristiani peccano.ROMAIl problema come lo vediamo noi è che, quando un fratello sbaglia, ci vuole qualcuno che vada da lui e gli dica: “guarda che ti stai comportando male”, e se quello non ci sente, di fare in modo che le cose vengano fatte secondo il regolamento, in modo che dopo nessuno nella comunità possa contestare le decisioni. Tutto ciò è molto legalista ed è esattamente quello che fanno le chiese che sono in conflitto, accusano gli altri Bibbia alla mano.
Invece – al contrario di ciò – qui Gesù vuol dire:
1. La gente pecca. Tutta la gente, anche tu! Inutile pretendere che tuo fratello sia perfetto, quando non lo sei nemmeno tu…
2. La comunità è composta di gente che pecca. I santi non sono dei cristiani perfetti, ma dei peccatori perdonati.
3. Quando il peccato di qualcuno colpisce te, cerca di fare subito qualcosa. Esattamente, va da quella persona e parla apertamente e con gentilezza, piuttosto che andare a chiacchierare in giro mettendo in cattiva luce il fratello.
4. Se non funziona, coinvolgi qualche membro maturo nella fede della comunità. In modo di avere testimoni preservando il resto della comunità, senza spingerla a prendere posizione e dividersi. Si chiamano poche persone per evitare che il conflitto si allarghi. Chiamare poche persone di fede matura serve a testimoniare della tua reale volontà di pacificazione.
5. Se non funziona neanche questo, allora sia per te (e non dice anche per la chiesa) come il pagano e il pubblicano.
Che significa: «sia per te come il pagano e il pubblicano»? Il significato immediato è che costui “deve essere trattato come uno che non appartiene alla comunità cristiana”, infatti, dopo i conflitti, non c’è quasi mai riconciliazione vera, ma guerra fredda. I fratelli, nella chiesa, si ignorano e il conflitto diventa endemico.
Ma qui si deve tener presente che il discorso di Gesù non finisce al v. 20, ma continua dal v. 21 fino al v. 35 ed è tutto un unico discorso sul perdono (e non sulla disciplina della chiesa); un discorso dove dice ancora due cose: 1) devi perdonare sempre [70 volte 7] e 2) ricordati che anche tu sei stato perdonato, e di un peccato infinitamente più grande.
Perciò, quando dice: «sia per te come il pagano e il pubblicano», Gesù intende che con il fratello che pecca contro di te devi ricominciare tutto da capo, devi ricostruire con lui i tuoi rapporti fraterni distrutti dal peccato, come Gesù ha fatto per te sulla croce e fa per te ogni volta che pecchi!
Solo quando sorgono i conflitti nelle chiese ci accorgiamo di quanto siamo impreparati. Ci accorgiamo che le chiese non hanno risorse a cui attingere. Si vanno a chiamare gli esperti in America, ammettendo che la comunità non può risolvere i conflitti con le proprie forze. Ci consideriamo comunità, ma poi non sappiano come vivere insieme, e ci accorgiamo che il nostro è un evangelo individualista, dove la comunità – in verità – non ha alcun ruolo.
Ma l’affermazione di Gesù è fortissima, perché Egli qui lega la sua presenza nella comunità al perdono. Infatti, la promessa che Gesù sia presente è legata alla capacità della comunità di accordarsi. Noi siamo abituati ad usare questa affermazione di Gesù per dire che bastano poche persone perché Gesù sia presente, ma in verità qui Gesù promette di essere presente quando le persone si accordano ad incontrarsi nel suo nome. È quando siamo in grado di accordarci ad incontrarci nel suo nome che Gesù è presente. Vedete, un cristianesimo individualista non esiste, la comunità è necessaria affinché ci sia il perdono.
Io credo che il messaggio di questo testo sia che edificare la comunità è lavoro, è fatica, è impegno. Il perdono non è un optional, ma è una pratica cristiana. Non esiste chiesa senza perdono. Come la chiesa rende il culto, fa la santa Cena, impartisce battesimi ed evangelizza, così anche perdona. Perdonare fa parte delle cose che la chiesa fa. Come non esiste la chiesa che non rende il culto al Signore, così non esiste la chiesa che non perdona. Il perdono è innanzitutto ubbidienza ed è la condizione stessa del credente, che non è “buono”, ma “perdonato”.
Quando pensiamo alla comunità, smettiamo di pensarla in termini ideali e cominciamo a ragionare in termini reali. Siamo chiamati ad amare i fratelli così come sono, non per quello che dovrebbero essere. Edificare la comunità è una fatica che vale la pena fare, perché così rendiamo Cristo presente. AMEN
Italo Benedetti